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Coronavirus. In Brasile record di morti. Ma come stanno i bambini?

La psicoanalista Monica Nicola analizza la realtà sudamericana insieme alla psicologa infantile Martha Leme, la psicopedagoga Veronica Amorim e la psicopedagoga Cintia Arena

Record di morti in Brasile a causa del Covid-19. Secondo i dati del ministero della Salute brasiliano, infatti, sono stati superati i 1.000 morti al giorno con 1.179 deceduti solo nelle ultime 24 ore, che si sommano ai 18.000 morti in totale per coronavirus. E i casi positivi continuano a salire: in un solo giorno se ne sono registrati 19.951 in più che hanno fatto salire a 291.579 il totale delle persone contagiate portando così lo stato sudamericano a essere il terzo a livello globale.  Il sindaco di San Paolo è corso ai ripari, questa settimana ha chiuso la città e indetto un ‘tutti a casa’, approfittando delle feste religiose.

“La preoccupazione è generale, ma le incidenze sui malati non sono suddivise per fasce d’ età e poco si sa su quanti siano i bambini e gli adolescenti positivi al virus”. Sposta così l’attenzione sui più piccoli la psicoanalista Monica Nicola, referente del progetto Tartaruga dell’Istituto di Ortofonologia in Brasile. E per capire come stanno, Nicola ne parla insieme a Martha Leme, psicologa infantile esperta in relazioni familiari; a Veronica Amorim, psicopedagoga e direttrice del Centro municipale Sao Goncalo di Rio del Janeiro; e infine con Cintia Arena, psicopedagoga e direttrice della Scuola Nuova.

“Evitabilità, aggressività, pianti ingiustificati e rabbia immotivata, ma anche comportamenti regressivi”. Questa la prima fotografia scattata da Leme, per raccontare il malessere emerso nei più piccoli nei mesi della quarantena. Certo non ci sono solo aspetti negativi: “Alcuni bambini, godendo di una maggiore presenza dei genitori, hanno manifestato miglioramenti a livello cognitivo ed emozionale- racconta la psicologa- imparando nuovi giochi e nuove parole grazie anche al maggior tempo condiviso con i fratelli. Altre migliorie si registrano nelle autonomie di base, tanto che molti genitori hanno tolto il pannolino ai figli- ricorda Leme- oppure hanno vissuto con più facilità lo svezzamento”. Cosa accadrà con la fase due? “Il ritorno alla ‘vita’ deve essere graduale- avvisa la psicologa infantile- dobbiamo aiutare i bambini ad adattarsi meglio. Loro vivranno una  seconda separazione dai genitori”.

Sui minori con disturbi dello spettro autistico, invece, interviene Amorim. “Sono più agitati e ansiosi perché hanno perso la routine settimanale della terapia- spiega la direttrice del Centro Sao Gonçalo- soprattutto hanno modificato la loro dieta alimentare, mangiano di più probabilmente a causa dell’ansia”. Il centro lavora anche con le famiglie più indigenti economicamente, in cui i genitori hanno perso il lavoro e “i prodotti alimentari selezionati prima per i figli con autismo, adesso non se li possono più permettere”. Se da un lato questi minori hanno perso la routine terapeutica, però dall’altro hanno acquistato padri e madri più presenti e attività da seguire a distanza. “Inviamo le cose da fare ai genitori attraverso WhatsApp. I papà e le mamme mi dicono- racconta Amorim- che sono contenti perché possono approfittarne per conoscere meglio i figli e cogliere i loro piccoli avanzamenti”.

Ecco il doppio volto del coronavirus. “E’ una malattia che ha portato lutti nelle vite, nell’economia e nella politica- commenta Nicola- ma ha anche contribuito in un certo senso alla ricostruzione della famiglia, degli affetti e delle relazioni, soprattutto con i bambini che hanno un disturbo dello spettro autistico. I genitori hanno avuto il tempo di confrontarsi con questo problema e imparare, migliorando le loro relazioni anche con i terapisti”. Sono “cambiati tutti- conferma Amorim- è una grande lezione”. Nei video inviati alle famiglie, infatti, compaiono sempre i volti dei terapeuti. “I bambini devono guardare il viso dei loro terapisti per mantenere viva la relazione- aggiunge la direttrice del Centro- e la risposta è sempre una grande emozione. Anche i bambini più severi riconoscono i loro terapisti e si emozionano davanti alla figura del professionista che appare in video”. Quando sarà possibile far ripartire le terapie in presenza, “a luglio o ad agosto, occorrerà prima un lavoro integrato fra tutti i professionisti del Centro, per socializzare con i bambini quanto avvenuto nei mesi del lockdown. La fase due sarà, quindi, molto complicata per i genitori e dobbiamo affrontare insieme il riadattamento alla vita sociale. Dovranno essere sostenuti per risepararsi dai figli e reintegrarsi nella vita normale”, fa sapere Amorim.

In conclusione si possono riassumere in tre gli scenari afferenti alle varie difficoltà che emergono per fasce di età: “Dai 7 ai 10 anni i bambini non sono totalmente autonomi, ma necessitano dell’intervento dei genitori, soprattutto sul versante tecnologico. Amano vedere la propria figura in video e giocare con gli altri, ma soffrono la mancanza degli amici e di correre insieme, ad esempio, per scaricare l’energia corporea fortissima in questa fase della vita. Fino ai 15 anni, invece, non vogliono vedere la loro immagine- ricorda Arena- tendono ad avere maggiori disturbi del sonno e a non darsi delle regole orarie precise. Anzi, dormono di giorno e restano svegli fino a tardi, proprio perché hanno più difficoltà ad obbedire a una routine per studiare. A livello tecnologico sono certamente più autonomi, la parte più problematica si sposta sull’identità. Dai 15 ai 18 anni interagiscono bene con i professori, si vedono in video e mostrano un approccio più maturo. Sono vicini all’università e questo comporta un aumento del livello di ansia da prestazione- fa presente la direttrice di Scuola Nuova- temono gli esami e l’ultimo anno di scuola”.

La tendenza comune in ambito scolastico, sia nei bambini che negli adolescenti, durante il lockdown brasiliano si può sintetizzare in un iniziale sentimento ‘vacanziero’. “Dopo due mesi si sono però adattati a questa nuova routine, sapendo che quello che perdono oggi lo riguadagneranno più avanti. Problemi di ansia e apatia hanno colto soprattutto gli studenti meno ricchi. L’ansia non è tanto quella di perdere le lezioni scolastiche- conclude Arena- quanto di perdere i legami con gli amici. Siamo in Brasile e qui è un fatto culturale abbracciare, baciare e toccare”.

21/05/2020